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HUGO CHAVEZ: A GIURARE, RAGAZZI!

Di Manuel Caballero

"Non c’è nulla di più patriottico di uno scemo" Simón Rodríguez. L’Eroe del Museo Militare (Chavez) sta montando una delle tante sagre volanti che sembrano essere un suo vizio ricadente. Adesso gli è venuto in mente di portarsi a Roma una numerosa comitiva di plaudenti per ripetervi il “giuramento del Monte Sacro”[1], in un giorno, Ferragosto, nel quale a Roma non c’è assolutamente nessuno. Spenderà, cioè, una valanga di soldi, come direbbe un italiano, per una ridicolaggine e, peggio ancora, per celebrare un giuramento che probabilmente non è mai avvenuto.

Tra gli scritti del Libertador (Bolivar) ce ne sono alcuni che hanno la particolarità di essere il piatto preferito dei provinciali a tempo pieno. Non vi è di meglio di tali scritti per l’nnalzamento della voce, per far volare le campane del più vuoto dei lirismi. Sono testi da manuale per oratori patriottici. Sono utili per costruire discorsi senza costrutto e scollegati dalla realtà. Tra questi testi, un posto di primo piano lo occupa, appunto, il Giuramento del Monte Sacro.

NON AGGIUNGE GLORIA

Se la sua origine fosse vera, non aggiungerebbe nulla alla gloria del Libertador, e non è neppure un gioiello della sua intelligenza. Però, grazie a Dio, ci sono molte ragioni per ritenere che sia apocrifo, almeno per quanto riguarda la versione più nota. Molte cose fanno pensare che sia in gran parte opera di Simon Rodriguez (maestro di Bolivar), in ogni caso, una saggia prudenza è necessaria, prima di accettare che queste parole siano state pronunciate esattamente così dal giovane Simon Bolivar.

Il testo fu dettato in Guayaquil, quarantacinque anni dopo, da un Rodriguez in piena senilità, ad uno scrittore colombiano che avrebbe potuto benissimo introdurre le sue proprie osservazioni e correzioni. Questo non è una accusa di falsificazione: almeno dalle nostre parti; il rigore in questi tipi di testi è un’esigenza accademica posteriore al 1850. Più che soffermarsi sul testo stesso sarebbe rilevante soffermarsi sulle circostanze nelle quali il discorso è stato pronunciato. In primo luogo la data, e più ancora il giorno che l’anno: il 15 agosto.

DA’ ALLA TESTA

Siamo in pieno ferragosto, il giorno più caldo dell’anno, quando la più innocente goccia di vino ingerita per accompagnare il più frugale boccone da immediatamente alla testa. Sarebbe irresponsabile però attribuirgli tutto questo: non per rispetto alla grandezza dei due personaggi storici, bensì perché il Libertador lo ricorda diciannove anni dopo, e come sovente accade nei postumi di una sbornia, si tende sempre a seppellire quegli episodi nella memoria. A parte il caldo di quei giorni, bisogna aggiungere due elementi circostanziali che, anche se non si sono mai nascosti, si è soliti non dar loro rilevanza: coloro che salirono al Monte a giurare non furono due ma tre persone; c’era anche Fernando del Toro, cugino di Simon Bolivar. Questo non è un semplice aneddoto. Da un lato, la presenza di un terzo testimone-attore riduce molto l’aspetto di cerimonia di iniziazione del patto maestro- alunno con risvolti di segretissimo rituale massonico: “segreto a due, è di Dio” dice il vecchio proverbio spagnolo (che di certo loro già conoscevano) ma a tre… C’è però qualche cosa in più: se due sono una compagnia, tre sono una moltitudine. Per temperamenti storici come quelli di Bolivar e Rodriguez, la presenza di Fernando del Toro non è solo quella di un testimone: è la presenza del pubblico.

L’ARIA CHE RESPIRANO.

Tutto ciò però è meno importante dell’ambiente in generale, l’aria che i tre giovani respirano da molto tempo prima del loro arrivo a Roma. Alberto Filippi (professore di storia e istituzioni dell’America Latina presso l’Università di Camerino n.d.t.) ha studiato a fondo il tema. Tanto per cominciare la cosa più probabile è che il giuramento sia stato pronunciato sul Monte Aventino, infatti erano più d’uno i colli romani che potevano rivendicare di appartenere alla categoria dei mons sacer . Questa precisazione non è puntigliosità da eruditi oziosi, ha invece una connotazione politica molto precisa. Benito Mussolini era al potere da circa otto anni quando si celebrò a Roma il centenario della morte del Libertador. In quell’anno il ritiro dell’opposizione dal Parlamento era ormai un fatto compiuto e, dato ch’è abituale in Roma più che altrove la citazione dell’antichità classica, l’opposizione antifascista ritiratasi dal parlamento prese il nome di “avventista”, in ricordo del ritiro dei rappresentanti della plebe romana sul Monte Aventino. Negare il carattere sacro al Monte Aventino divenne perciò non una necessità di carattere storico bensì un’imposizione propagandistica del fascismo, il quale, oltretutto, convertì la celebrazione del centenario della morte del Libertador in un’occasione di propaganda del regime, dove non mancò l’esaltazione del duce latinoamericano, il cesare democratico, genio della latinità e fascista avant la lettre? Quindi non è solo in Venezuela o in Sudamerica dove venne usata la figura del Libertador come strumento di legittimazione politica dell’autoritarismo.

Ma c’è dell’altro e forse è l’aspetto più importante. Nelle feste rivoluzionarie dell’epoca, in Francia come in altre parti, nel mezzo della ricerca di una nuova religione laica che sostituisse quella colonna portante dell’ancien regime che risultava essere la Chiesa Cattolica, Apostolica e Romana, dice Filippi,…”la pratica del giuramento” “si era diffusa ed aveva raggiunto una forte carica simbolica”. Quindi, se veramente accadde il giuramento del Monte Sacro, non aveva nulla di eccezionale.

In ogni modo, se prendessimo alla lettera le azioni e gli atti di Bolivar e Rodriguez, c’è comunque un nascondere e manipolare in questi discorsi di festa nazionale. Si evita una delle frasi più lapidarie di Rodriguez, scritta nel 1828:…”non c’è cosa più patriottica di uno scemo”…

[1] Il giuramento cioè di rendere indipendente il continente Latinoamericano che Bolivar sembra abbia fatto, non si sa se sul “sacro Monte”, cioè l’Aventino, o in Monte Sacro, nell’anno 1805, in presenza del suo maestro Simon Rodriguez.



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